Pizza, pasta e mandolino: lo stereotipo italiano sarà sicuramente noto ai molti.
Eppure, ancor prima del morbido disco di pasta, Milano è stata conquistata da un goloso protagonista di provenienza estera: l’Hamburger.
Girando all’ombra della Madonnina è ormai consono trovarsi di fronte a qualsiasi sua interpretazione, proveniente dall’uno o dall’altro filone: quello dell’Hamburger Fast Food (occhio, non ho detto Junk Food) che generosamente prende spunto dal baluardo americano del Cheeseburger e dalle ricette tanto semplici ed essenziali quanto canoniche ed eterne, e la tendenza figlia degli anni 2000 e del francese Daniel Boulund di una reinterpretazione di carattere elevato, studiato e progettato da uno chef al punto da acquisire l’accezione di Gourmet.

Ingredienti di provenienza certificata, Buns realizzati su misura, abbinamenti equilibrati e ricette progettate nei minimi dettagli; Gourmet sta per ricerca (della qualità, del gusto, dei sapori), un concetto divenuto oggi un mero volano per i prezzi, e che invece regala non poche soddisfazioni quando condotto con criterio.
A Milano è impossibile parlare di Hamburger Gourmet senza citare chi ha fatto del suo nome un vero e proprio slogan su questo fronte: il Fatto-Bene Burger.

Nato nel 2013 con il primo locale in Via Vincenzo Monti 56, ha subito una vera e propria espansione pre-Expo, per arrivare ad oggi alla bellezza di 6 aperture sparse per il capoluogo.
E in tutti i punti di interesse, l’atmosfera è identica: pulita, essenziale ma familiare al tempo stesso, ben illuminata e arredata con tavolini neri che risaltano sulle bianche pareti.

Entrando in uno dei ristoranti del marchio pare subito lampante quanta importanza venga data alla formazione del personale, sempre impeccabile, rapido e professionale.
Vi basti pensare che ogni matricola viene scrupolosamente seguita per un mese in una cucina adibita ad hoc, con l’intera strumentazione necessaria al percorso formativo, durante il quale l’istruzione verte sui processi di produzione e stoccaggio grazie ad un manuale dettagliato che illustra nei minimi particolari ricette e composizioni dei panini.
All’alba della recente sesta apertura a marzo 2017, io stesso ho potuto osservare nel locale di Via Buonarroti 8 il personale di sala che affiancava le new entry, in attesa che venissero smistate per l’ennesimo grande evento.

Capirete ben presto come “attenzione” sia la parola più adatta a descrivere l’attività.
Attenzione, prima di tutto, per il cliente e il fornitore; i ragazzi di Fatto-Bene hanno ben pensato di colmare il vuoto delle chiare pareti con indicazioni circa le ricette, le novità e le storiche partership: quella con la Macelleria Oberto di Alba, una vera e propria istituzione per le carni nella grande città, e l’ineguagliabile Panificio Grazioli di Legnano, indiscutibilmente tra i migliori d’Italia, fondato dall’ormai deceduto Massimo Grazioli e oggi abilmente portato avanti dal figlio Nicolò.

Due realtà dal rigore ineccepibile, la cui ricerca della qualità non è un’opzione, ma un vero e proprio standard; e mentre Oberto rifornisce il locale con un mix calibrato di reale, punta di petto e polpa di pancia, il panificio legnanese fa del suo grido una battaglia, sbandierando le scarsamente diffuse farine biologiche macinate a pietra, le lunghe maturazioni e il lievito madre per un pane che, lasciatevelo dire, ha l’esatta consistenza di una soffice nuvola.

Ad oggi si tratta probabilmente di uno dei locali più attenti al proprio Format; vi assicuro che se mi piazzaste di fronte una decina di Hamburger provenienti da cucine differenti, saprei subito riconoscere un Fatto-Bene Burger, e non solo per il logo stampato sui Buns: il pane tostato in forno e reso croccante anche all’esterno, la carne cotta in maniera ineccepibile, il perfetto equilibrio degli ingredienti, la ricerca di cremosità e fragranza nello stesso insieme, tutte accezioni immediatamente riconoscibili in qualsiasi voce del menu.

La qualità degli hamburger non si discute; persino il più semplice, l’Opening Burger, ricalca la retta via del blasonato Cheeseburger reinterpretandola con attenzione magistrale nella scelta dei partecipanti all’opera: carne di razza Fassona piemontese, fontina d.o.p., pomodoro insalataro, cipolla rossa Piacentina glassata, lattuga iceberg e maionese delicata.

Le strade alternative per chi non ama il manzo sono in numero decisamente elevato, una tendenza sempre più in voga visto l’aumento della domanda: un hamburger di pollo, due di pesce, ben cinque tra vegetariani e vegani e il consigliatissimo Polp Fiction, servito con terrina di piovra, fagiolini, pesto leggero, basilico, filetti di peperone, creme cheese e patè di olive taggiasche.

Ma è sulle scelte del mese che il locale davvero si supera, scavando nelle miriadi di combinazioni possibili e pubblicando ricette che, alle volte, hanno davvero una marcia in più.
Prendete ad esempio il recente Oronzo Burger: carne di razza fassona piemontese, l’amarognolo dei broccoli saltati in padella, la cremosità della stracciatella di bufala, la sapidità dei filetti di alici sotto sale e la croccantezza della granella di pane tostato alle erbe. Un blend calibrato di sapori e consistenze che, credetemi, hanno dato vita a uno dei loro panini in assoluto più riusciti.

Ma ahimè, la nota dolente in mezzo a tutto questo ben di Dio si trova alla destra del padre: i contorni.
La scelta delle patate prevede le croccanti sfoglie fritte Fine de ratte o le novelle cotte al forno; e mentre le prime risultano spesso fin troppo secche, sulle seconde abbiamo registrato discontinuità nella cottura, trovandole alle volte “indietro”, altre quasi gommose. Al momento, ci spiace dirlo, il locale manca di un valido e fragrante accompagnamento per quello che è senza ombra di dubbio uno dei migliori Hamburger della città.

Il menu ad ogni modo è lungi dal terminare qui: l’area junior dalle piccole porzioni, i piatti freddi e caldi e i classici dolci quali Torta di mele, Ganache al cioccolato e Cheesecake.
Limitata la scelta sul bere, ponderata su un locale che, come è ovvio pensare, punta specialmente sulla pausa pranzo: troviamo quindi, oltre ai soft drink, due birre alla spina e calici/bottiglie di sette etichette tra rossi, bianchi e bollicine.

Il capitolo prezzi è commisurato allo standard milanese: si va da un minimo di 12 ad un massimo di 18 euro per hamburger e contorno, per un totale a pasto che non di rado sfiora la ventina.

Insomma, signori miei, se non vi hanno convinto le mie parole certo lo faranno le numerose insegne sparse per la città o l’esilarante ed assidua attività social.
E se fate un giro sullo Store del vostro smartphone da qualche giorno è disponibile persino l’app ufficiale, adibita alla consegna in tutto Milano e primo hinterland.
Ingrassare sul divano non è mai stato così comodo.

[ Crediti: Fatto-Bene Burger, streetfoodamilano.it, “Hamburger Gourmet” di David Japy, Elodie Rambaud, Victor Garnier | Immagini: Valentina Campus ]

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