Nella vita può capitare una disgrazia, l’importante è avere una persona cara che ti sta vicino. Nel matrimonio le due cose coincidono, ma anche se il vicino è proprio quello di casa, tu sei un griller e lui odia il fumo.

Ma non un fumo qualsiasi, il tuo.

Eppure te la immaginavi diversa: barbecue deflagrante, mentre sudi, tronfio e testosteronico, con una birra ghiacciata nella mano e alla tua destra, Miss maglietta bagnata e asciugata. Invece no, quegli infami del palazzo non vogliono sentire ragioni, e alla tua sinistra, quanta amarezza, c’è soltanto la moglie del portiere incazzato che ti cuoce le gonadi in low&slow.

Ma se vi dicessi che c’è un modo, perfettamente legale, per non trasformare la riunione di condominio nel finale di Scarface? Quali sono, ordunque, le leggi o i regolamenti cui far riferimento se vogliamo mettere il kettle sul terrazzo di casa?

La legge

Premessa: la normativa in materia di utilizzo del barbecue verte sulla legittimità delle immissioni di fumo conseguenti all’accensione o alla cottura. La norma fondamentale, in materia di immissioni nella proprietà del vicino, è l’articolo 844, I comma del codice civile. Che citiamo:

“Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.

Lapalissiano: le immissioni di fumo o di calore prodotte dall’adorato barbecue, non possono essere impedite dal vicino di casa o dagli altri condomini, se non superano i limiti della normale tollerabilità.

Eppure esistono sentenze estremamente differenti, quasi antitetiche, tipo:

Giudice di pace di Torino Sez. II, con sentenza del 10/06/2010 dove i fumi vengono considerati un disagio e pertanto da ostracizzare:

“l’art. 844 del codice civile, in origine soprattutto orientato a tutelare le esigenze della produzione poste su un livello di importanza prevalente rispetto alla qualità della vita del privato, è progressivamente stato interpretato dalla giurisprudenza, anche della Suprema Corte, in senso contrario all’impostazione originaria che ne è risultata ribaltata privilegiando l’interesse della qualità della vita privata. I fumi e gli odori provenienti dal barbecue, vista la vicinanza e le immissioni che la cottura è in grado di sviluppare, sono in grado di provocare un “sensibile disturbo e disagio in un’abitazione privata e contribuiscono a deprimervi la qualità della vita”, rendendo quindi applicabile la fattispecie di cui all’art. 844 del codice civile”.

La Cassazione, con sentenza del 18 marzo 1992, n. 3204 dove si consiglia di adottare quei meccanismi che consentono di mantenere i segnali di fumo nella soglia di tollerabilità:

“in tema di emissione di gas, vapori, fumi atti ad offendere, molestare o imbrattare i vicini, tali immissioni possono essere autorizzate soltanto entro i limiti della tollerabilità normale, e quindi previa adozione delle misure necessarie ad evitare il superamento ditali limiti o di quelli imposti da specifiche normative (regolamento condominiale)”.

Oltre all’art.844, possono sussistere ulteriori norme contenute nei regolamenti comunali e condominiali, che hanno una maggiore specificità rispetto al codice civile (si applicano al singolo Comune ovvero al singolo condominio) e possono disciplinare i rapporti tra vicini, anche in modo più coerente rispetto alla normativa dei codici.

Tutto inoppugnabile e assolutamente legittimo. Facciamo un ripasso delle sentenze:

Cassazione Civile, Sezione VI, sentenza del 18 gennaio 2011, n. 1064,

“le previsioni negoziali contenute nel regolamento condominiale, avente origine contrattuale, sono costitutive, per tutti i condomini, di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù reciproca”

Cassazione, sentenza del 4 febbraio 1992 n. 1195,

“i condomini, con il regolamento di condominio, possono disciplinare i loro rapporti reciproci, in materia di immissioni di fumo, anche con norma più rigorosa di quella dettata dall’art. 844 del codice civile”.

Cassazione, sentenza del 7 gennaio 2004, n. 23,

“sono legittime le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva del singolo condomino contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, purché formulate in modo espresso o comunque non equivoco – sì da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni – le norme regolamentari possono imporre limitazioni al godimento degli immobili di proprietà esclusiva secondo criteri anche più rigorosi di quelli stabiliti, in tema di immissioni lecite, dall’art. 844 c.c. Ne consegue che in tal caso la liceità o meno dell’immissione deve essere determinata non sulla base della norma civilistica generale ma alla stregua del criterio di valutazione fissato dal regolamento”.

E QUINDI?

Da una parte il codice civile dichiara che la signora del piano di sotto non può impedirmi a priori di produrre fumo, dall’altra mi obbliga a non esagerare, per non arrecare fastidio alcuno.

Da un lato è sedimentata la validità di regolamenti comunali o condominiali, più limitativi della legge stessa, dall’altro le immissioni di fumo non possono essere circoscritti entro soglie universalmente riconosciute.

Sì ma, qual è il limite? Se parliamo di rumore è facile, ci sono i decibel, si può misurare. Ma il fumo è come la sfiga, non lo puoi quantificare.

Tutto dipende dalla valutazione discrezionale del giudice di pace: abbiamo quindi un limite di tollerabilità al fumo definito dal volere del giudice. Per sottolineare il concetto, la cassazione ha anche stabilito che non è nemmeno obbligatorio da parte del giudice ricorrere a perizie di sorta.

Cass. n.5215 del 09/5/95 e Cassazione 21 gennaio 1998, n. 739

“l’attitudine, rispettivamente, dei rumori a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone e delle emissioni di gas, vapori o fumi a molestare persone non deve necessariamente essere accertata mediante perizia, ben potendo, al contrario, il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento al riguardo su elementi probatori di diversa natura quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado riferire caratteristiche ed effetti dei rumori e delle emissioni summenzionati, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi”

…e che non è necessario aver provocato direttamente un danno, poiché basta l’attitudine della natura dei gas ad essere molesti:

Cass. pen., sez. VI, 11 aprile 1990, n. 5312

“Nell’ipotesi di emissione di gas, di vapori o fumi, non è necessario che l’emissione stessa provochi un effettivo nocumento, essendo invece sufficiente l’attitudine del gas, del vapore o del fumo, emesso ad offendere, imbrattare, molestare le persone”.

Lo sappiamo, siete grigliatori dotati di senso civico e sconforto, ma noi un consiglio vogliamo darvelo.

I CONSIGLI DI BBQ4All

Ve lo ricordiamo come farebbe vostra madre: cercate di mantenere buoni rapporti con il vicinato, siate ragionevoli e rispettosi. Non è necessario affumicare il bucato dell’inquilino del terzo piano, piuttosto lanciategli una costina dalla finestra. Posizionate il barbecue in una zona del terrazzo/balcone che non consenta ai fumi di entrare nelle abitazioni dei vicini, e fate sempre attenzione al vento.

Per chi utilizza un bbq a gas: siete senz’altro “avvantaggiati”, il plus di queste macchine è che per portarle a temperatura non si produce fumo. Prediligete le cotture indirette, che sprigionano una minore quantità di miasmi. È senz’altro più semplice che convincere l’anziana del pianterenno che averci le camicie che profumano di mesquite conferisca un allure esotica irresistibile.

Per la loggia dei carbonari: è una condizione necessaria, l’accensione del carbone (potete scordarvi la brace ricavata da legna) passa attraverso la produzione di fumo, così come è incontrovertibile che un vicino immerso nel puzzo, rompe senz’altro le palle. Per limitarla al minimo il fenomeno, potete ricorrere al cesto abbinato ad un accenditore elettrico (oppure a invenzioni geniali come questa). Archiviato il problema, buttatevi sulla cottura indiretta.

E condividete, sempre. Perché a stomaco pieno, siamo tutti più simpatici.