Ok caro Mr Doyle, è tanto che sento parlare di te e oggi facciamo i conti.

Dicono che sei uno dei pochissimi posti dove mangiare il vero barbecue americano a Roma, e questo forse gioca a tuo favore, ma non con me: l’ultimo barbecue joint dove ho mangiato è stato Arthur Bryant’s a Kansas City. Quindi vedi di tirare fuori i tuoi assi migliori, perché Kansas City mi manca veramente tanto.

Sai Mr Doyle, io sono un tipo buono, e voglio e cercare di metterti a tuo agio. Avrò premura quindi di:

  • Prenotare il tavolo dalla mattina.
  • Fare un pranzo leggero.
  • Arrivare al locale un po’ in anticipo rispetto a quando si cena di solito nei ristoranti romani, in modo da non trovarmi in mezzo alla calca, o trovare esaurito qualche piatto forte.

Insomma, come un appuntamento galante, voglio che tutto sia perfetto, e arrivare al primo morso rilassato e di buon umore.

Il locale ha più l’aspetto di un pub. Dà su una strada con un grande marciapiede e non ha una vera e propria entrata, più una sorta di vetrina aperta, tipo box con la saracinesca alzata. All’interno presenta un unico ambiente abbastanza piccolo, con il bancone da un lato, il menu scritto su una lavagna sopra di esso e i tavoli sparsi per la sala e all’aperto sul marciapiede antistante.

Mi presento con famiglia al seguito verso le 20:30 ed era praticamente vuoto, con solo due tavoli già occupati.

La cameriera simpatica e gentile ci fa accomodare, ci spiega lo stile del locale e ci descrive i piatti proposti. Da questo approccio e dalle sue parole immagino in quanti siano capitati lì per la prima volta, ingannati dall’accezione italica del termine “barbecue”, aspettandosi forse braciole e salsicce. La tranquillizzo sul fatto che pulled pork e ribs sono concetti ben radicati a casa mia, quindi inizio a scandagliare il menu personalmente.

I piatti proposti sono più o meno quelli che mi aspettavo, con qualche presenza a sorpresa: filetto di salmone affumicato o il pastrami. Grande assente è il brisket, cominciamo male.

Essendo la mia prima volta qui, ho optato per i “classici”, quindi un piatto di ribs, un pulled pork sandwich e un piatto di pork belly.

Nell’attesa, trascorsa assaggiando tre ottime birra artigianali (APA, IPA e Pils), ho notato che non c’era il minimo odore di fumo nell’ambiente, il che “fino ad ora” può rientrare nella lista dei pregi.

In pochi minuti, come tipicamente avviene nei barbecue joint, i piatti sono pronti.

BBQ RIBS

L’aspetto al primo colpo non è niente male, sebbene non rispecchino esattamente né lo stile Kansas City (taglio squadrato st. Louis e uniformemente glassate) né lo stile Memphis (completamente asciutte con eventuale spolverata di rub finale).

Nel piatto mi ritrovo una porzione di 5 spare ribs di un bel colorito bruno, servite in pezzo unico, con una schizzata di salsa sopra, accompagnata da una ciotolina di cetriolini sottaceto. Già al taglio col coltello mi accorgo che sono completamente overdone (troppo cotte), ed infatti al morso, come immaginavo, la carne si sfalda lasciando l’osso immacolato.

Devo dire però che la costina si è lasciata comunque degustare senza risultare stoppacciosa, sebbene non abbia rilasciato minimamente succhi. Il sapore è gradevole e delicato, l’affumicato è quasi impercettibile. Totalmente assenti invece percezioni di piccantezza, calore o “kick”. Dettaglio negativo per gli psicopatici del barbecue, ma magari insignificante per normali carnivori: la membrana dietro le ossa (la pleura) non è stata rimossa. L’ho lasciata nel piatto.

Si tratta, in sostanza, di ribs tarate esclusivamente sul gusto italico. In quest’ottica, e solo in questa, posso promuoverle con una sufficienza piena, ma negli States un piatto di ribs così delicate e stracotte sarebbe sul menu per bambini.

PULLED PORK SANDWICH

Come per le ribs, lo stile scelto non rispecchia la vera tradizione del pulled pork sandwich della Carolina: né quello dell’est (aceto-aceto-aceto), oggettivamente estremo, né quella dell’ovest più ponderato, ma comunque tendente all’acido.
Questo pulled pork al contrario tende al dolce.

Devo però riconoscere che, a parte questa considerazione, il panino è oggettivamente buonissimo e riempito in modo più che abbondante. La carne è succosa e aromatica, accompagnata da un coleslaw a base di cavolo e cipolle rosse, in un equilibrio perfetto racchiuso in soffici bun (prodotti da un forno romano famoso).


Il gusto dolce a cui accennavo svanisce in fretta lasciando spazio all’aroma di carne scaturito dai succhi. Il panino viene accompagnato da mezza patata al cartoccio, ben cotta e ricoperta di salsa al formaggio. Unica nota negativa, anche qui, è l’assenza di fumo.

PORK BELLY

Mi perdonerete se risulto ripetitivo, ma se devo descrivere il piatto con una sola parola, questa è delicatezza. Again.
La pancetta, servita già a fette, è abbondante e morbidissima. Si scioglie effettivamente in bocca, lasciando quella sensazione di collosità tipica del grasso di maiale.

Tuttavia, una volta evaporato il boccone, non lascia una grande scìa di sapore e non vi è traccia di cotenna croccante. Peccato, con una pancetta così “scioglievole” un contrasto croccante sarebbe stato veramente notevole.


Al primo morso la tenerezza della carne stupisce; al secondo già si comincia a sentire la mancanza di qualcosa: sia essa una componente croccante o una componente acida a contrastare l’untuosità del grasso. Al terzo inizia l’inesorabile parabola discendente: la percezione del grasso è prevalente e il piatto diventa, almeno per me, stucchevole. Metà della mia porzione è ancora in quel piatto.

Insomma, ci troviamo sicuramente ad avere a che fare con del barbecue “vero”, non ha nulla a che vedere con altre note catene che  scaldano al microonde carne precotta e usano aromi artificiali per simulare l’affumicatura. Purtroppo, però, l’imbastardimento italiano è invadente e ha mitigato troppo quelli che dovrebbero essere i sapori decisi e imprescindibili di certe praparazioni.


Per il pubblico ordinario, quello che vuole scoprire il vero barbecue o comunque mangiare buona carne cotta in maniera inusuale, il Mr Doyle è più che promosso; ma per i palati più indottrinati, tipo i nostri, siamo un bel po’ lontani dall’autentico stile dei “BBQ States”, a causa di “minuzie” come la mancata acetosità del pulled pork, o l’assenza degli aromi tipici delle ribs, siano esse stile Memphis o Kansas City (melassa, cumino, semi di sedano, aglio, etc.), quella delle tipiche salse sul tavolo e la pecca più grossa di tutte: la mancanza di affumicatura. Non si sente affatto né nell’aria che si respira nel locale, né nei piatti.

Ricapitolando…

PROS

Staff gentile e professionale
Birre ottime e con buona varietà
Servizio rapido
Piatti abbondanti
Piatti caldi (che in un bbq joint non è sempre scontato)

CONS

Sapori troppo delicati
Affumicatura quasi impercettibile
Brisket assente
Salse al tavolo assenti

[Crediti | Link: MrDoyle | Immagini: BBQ4All, MrDoyle]