Al Mercato è quello dell’hamburger più barocco, succulento e raccontato di Milano.

Sì, proprio quello citato in ogni classifica web, più o meno centrata o agonizzante che sia. Come dire che il plebiscito ha ancora un valore, anche in periodi di pensieri liquidi e parole in libertà. Tenero, grasso il giusto, sempre cotto alla perfezione, è una bella montagna da scalare, un passo del Mortirolo di ciclistica memoria, che non fa sconti a nessuno e richiede metodo, sagacia e appetenza.

Ha il dono di catturare in un unico amo carnivori laidi e situazionisti della “svizzera”, nonostante sia quasi inaffrontabile per le educande dai gomiti stretti. Le riconosci perché lo sezionano con coltello, forchetta e buon portamento invece di affondarci i denti e sporcarsi le mani. A ognuno le proprie ossessioni.

L’hamburger di Al Mercato è un trionfo di equilibri (la sua versione classica porta in dote pane al latte con semenze, salsa speciale, cetrioli pickled, cipolla rossa cotta e poi sott’aceto, insalata iceberg, pomodoro e un patty di scamone e punta di petto della macelleria Motta, macinato due volte), ma ha un lato oscuro e involontariamente reazionario: cannibalizza un menù vorticoso e gioioso, voluttuosamente ridondante. Sposta l’attenzione, impone parentesi social per fotografare la montagna, ricorda l’impronta monopolista della magnifica carbonara di Pipero Al Rex, croce e delizia dello chef Luciano Monosilio, che segretamente la odia per la sua esclusività coatta.

L’ho mangiato e amato una decina di volte in un lustro, andiamo oltre senza lesinare entusiasmo, che la stitichezza è reato dove è inopportuna. Accogliamo lo spirito proteico e ricercato di Al Mercato, i viaggi internazionali, le ibridazioni, la calibrata scelta dei tagli, la distanza siderale dal modello conservativo milanese medio, qui si mangia. Tanto.

Da queste parti la frittura è sacra: asciutta, croccante, ineccepibile. Se volete satollarvi e morire con il sorriso sulle labbra fate il bagno nella frittura di frattaglie: 12 euro di satura felicità.

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Altrimenti gli onion rings, delle dimensioni dei braccioli mare delle vostre figlie, a fama se la battono con il sacro burger, e spiccano nella sezione “Sfizi”, mono porzioni di piacere, mica tanto mono.

Qui però le cervella fritta con aioli fanno la voce grossa e impongono un giro, ma il tocco di classe arriva dagli yakitori del giorno, spiedini ad alto tasso di assuefazione. Per spirito democratico li ho provati tutti: dal cuore al rognone con medesima soddisfazione, sobbalzando sulla pancia di maiale accoppiata al polpo.

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La sezione Street Food, come se sinora avessi mangiato spume al ricordo di testosterone di maiale nero, è un viaggio che richiederebbe una tavolata di 20 persone per condividere tutto. Il pastrami e la carne salada le ho provate in passato con adeguata soddisfazione, scarto le pietanze a base di pesce perché voglio infliggere la punizione definitiva al mio cardiologo e scelgo di giocarmi la partita tra Cuban sandwich, dove impera ancora la pancia di maiale (conoscete pance più sexy?) e il Souvlaki.

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Vince il secondo: glorioso spiedino di capretto con salsa a profusione e una ottima insalata greca a “favorire” la digestione.

Game, set and match.

[Crediti | Link: Al Mercato Milano | Immagini: Al Mercato, Instagram]